IV domenica di Pasqua

150 150 Parrocchia San Fruttuoso

Una delle esperienze più frequenti che facciamo è quella dell’impotenza. In queste settimane ancor di più.
Spesso, di fronte a certe situazioni, uno si accorge che non può fare granché. Non dobbiamo scandalizzarcene, non ci dobbiamo rimproverare di questo, anzi, possiamo guardare con intelligente tenerezza questo nostro limite: siamo creature, non siamo dei. Questa è un’occasione per scoprire o ri-scoprire la nostra finitezza e fare un opportuno bagno di umiltà. Non è masochismo; è ragionevole ammissione.

Noi abbiamo bisogno, noi siamo “bisogno”.

Bisogno di affetto, di relazione, di salute, di lavoro, di stima, di perdono e di tanto altro. Ma soprattutto bisogno di essenzialità, di significato; bisogno di qualcuno che ci aiuti a ridare senso a tutto, che ci doni amore, ci ridia libertà. Tutte cose che noi non ci possiamo dare da soli. Diciamocelo chiaramente: non ci bastano i messaggi consolatori di tutti i tipi, l’ottimismo da balconi colorati, che ci fanno anche rallegrare per un attimo, ma non ci cambiano, non lasciano traccia nelle nostre giornate, non ci danno l’essenziale per vivere l’oggi e il domani, ora, qui, dentro questa circostanza. Ora e qui. Che senso avrebbe dire: “Sarò felice quando sarà finita l’emergenza? Quando tutto sarà finito?” Ma che fregatura sarebbe? E adesso? Io voglio vivere adesso, non dopo!
Noi siamo diversi dagli animali! L’animale si accontenta di adattarsi agli imprevisti per sopravvivere, altrimenti muore. Noi no! Non ci accontentiamo di sopravvivere alla quarantena, all’emergenza. Anzi, messi alle strette, cresce in noi il bisogno di capire, di chiederci: “Perché? Dov’è il senso di tutto questo? Dov’è l’amore vero, quello che dà la libertà e non ci fa sentire soli?”

Se non vogliamo uscire dalle nostre case e da questo periodo più sfiduciati nella vita, ancora più impauriti o ancora più storditi, forse questo è il periodo in cui, senza scandalizzarci di nulla, guardiamo in faccia al nostro io, alla consistenza vera della nostra persona e alle domande che urgono, tanto che non riesci a soffocarle. E meno male!

Occorre accorgersi della realtà.

La realtà si è imposta e si impone come un dato che non dipende da noi, ma da cui noi dipendiamo. Quella realtà, di cui ci lamentavamo un sacco di volte (“che vita sempre uguale”, e il lavoro, e i figli… E i debiti, e il mal di -), quella realtà che davamo per scontata perché ce ne sentivamo i padroni, ci ha costretto a guardarla in faccia, a riconoscerla per quello che è: un dato che non possiamo manipolare come vogliamo. La possiamo solo riconoscere, affrontarla, cercando di viverla intensamente, se non vogliamo che ci soffochi. La realtà è sempre di più: più che chiuderci ad essa, ci conviene aprirci per viverla con tutto il nostro io consapevole. Questo vale anche per la realtà dal volto buono: l’affetto, l’amore, la salute, la natura…

Qualche settimana fa c’è stata la sera della “super luna”.

Forse qualcuno ha potuto godersela per qualche attimo, assieme al cielo stellato, come capita raramente nel ciel di Lombardia. Quante volte non mi sono accorto di questa bellezza! Eppure tutto questo c’è ed è dato per me. Senza un io che gusta questa bellezza, la realtà non è vissuta. Ma cosa vuol dire che anche la realtà non bella mi è data? Anche il Covid-19? Sì, è data perché la mia coscienza si desti, perché il mio io si lasci interpellare, perché mi tolga la maschera della presunzione.

È per un salto di qualità del mio vivere umano.

Sentite la testimonianza di una infermiera: “Sicuramente preferirei non lavorare in questa situazione con i pazienti Covid, piuttosto che essere costretta. Preferirei un sacco di altre cose. Ma il mio cuore, così bisognoso di tutto, come è in queste settimane, non lo scambierei per niente al mondo. È un gusto nuovo delle cose! È solo perché sono amata che posso affrontare con letizia questa situazione”.

Facendo l’esperienza del sentirsi amato, il nostro cuore diventa capace di cose nuove. E chi ti ha dato un cuore così? Chi ha fatto il cuore: Dio, e Lui sa cosa c’è dentro. Quando questo cuore è destato da Chi lo ha fatto, vive ed è anche capace di letizia dentro la situazione più difficile. Uno quando vede presenze di persone così destate, può anche mettere un gomito davanti agli occhi; oppure può dire: “Grazie Signore, perché queste presenze sono segno di Te e attraverso di esse mi attrai a Te, che sei l’Unico che appaga il cuore.”

Così avverti su di te tutta la cura e l’affezione del Buon Pastore

Come dice il Vangelo di questa domenica; ama le sue pecore e le chiama ciascuna per nome. Gesù è colui che fa passare attraverso di Sè ognuno di noi per metterci al sicuro, per salvarci:

“Io sono la porta: se uno entra attraverso di Me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”.

Gv 10,9

Questo è ciò che desidera Cristo per me, per ciascuno di noi: stare con me per sempre. Signore, Tu mi vuoi per l’eternità. Potremmo dire che Gesù muore dalla voglia di stare con me. È morto dalla voglia di stare con me, con te, farmi Suo per sempre. Si è fatto pane per entrare in ciascuno di noi. Di questo pane abbiamo fame; tanta. “Il pane per la vita… Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.  Appunto, la vita eterna è la vita vissuta con Te, non la vita sopportata in attesa del dopo, ma vissuta ora. Perché Gesù è venuto cosicché “tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Così sia per ognuno di noi.

don Eligio

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