Una Pasqua nuova per una vita nuova

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Gesù si dona tutto per amore

Robert Allmann da pixabay.com

Amici è Pasqua: cioè l’incontro con il mistero della passione, morte e risurrezione del Figlio di Dio. Dice l’Arcivescovo: siamo chiamati non tanto a celebrare di
nuovo la Pasqua, ma piuttosto a celebrare una Pasqua nuova.

Le circostanze, mai banali, tantomeno quelle di questi mesi, ci costringono e ci aiutano a stare sull’essenziale. Cos’è la Pasqua cristiana? È Gesù che si dona tutto per amore, che ci lascia l’Eucarestia e la Chiesa, che soffre e muore nell’abbandono, che risorge portando tutta la novità di cui l’uomo ha bisogno. La Pasqua è l’amore di Dio per noi; è il riscatto dal nulla e dal peccato; è il nuovo inizio. Altro che un Dio lontano e vendicativo. Dio è Padre che per amore sacrifica suo Figlio e che continua ad essere con noi, a parlarci. Non è tanto che Dio taccia; piuttosto è l’uomo che è sordo.

Nel mondo occidentale l’uomo ha parlato sempre meno con Dio e sempre più con se stesso, e così si è complicato il dialogo anche con gli altri. Quando uno parla troppo da solo, si convince di avere ragione, di capire tutto e si allontana dalla realtà. Oggi tutti parlano di tutto, anche senza competenze e spesso a sproposito. Ma c’è il desiderio di conoscere la verità o piuttosto c’è il gusto di parlarsi addosso?

Quanto più si chiacchiera, tantomeno si dialoga e così c’è più confusione e smarrimento.

Come a Babele. Dio non ha smesso di parlare ai suoi figli; ma i figli, come eterni adolescenti, non Lo vogliono ascoltare perché Lo considerano vecchio e pretendono di essere loro la verità. Ma Dio non ha smesso di parlarci; lo fa anche in questi giorni. A volte la sua voce è fragorosa, ma più spesso è brezza leggera. Non si vuole imporre. Dio ama e rispetta la nostra libertà. Vuole essere amato da uomini liberi, non da schiavi; ci vuole figli, non dipendenti costretti. Anche sulla croce si propone con amore. La morte in croce di Cristo è garanzia della libertà dell’uomo, chiamato ad amare Dio, ma per scelta libera. Dostoevskij ne “I fratelli Karamazov” dice: «Tu non scendesti dalla croce quando per schernirti e per provocarti ti gridavano: scendi dalla croce e crederemo che sei proprio tu. Non scendesti perché, anche questa volta, non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo, perché avevi sete di una fede libera e non nata dal miracolo. Avevi sete di amore libero». (Il grande inquisitore V).

Forse è anche per questo che nessuno ha potuto vedere il momento della Risurrezione. Quasi sarebbe stato un credere per forza. Invece le donne, i discepoli, dovevano incontrarLo vivo. Gesù non è nel sepolcro. La pietra è stata ribaltata. Niente può fermare l’amore di Dio. Nessun tentativo di metterLo a tacere per sempre, come han fatto i giudei e i romani, come han fatto nella storia fino ai nostri giorni quelli che sostengono l’inesistenza e l’inutilità di Dio, o l’indifferenza del Suo silenzio dentro le nostre miserie e le nostre tribolazioni. No, Dio parla, Dio chiama, Dio ama, Dio condivide, Dio dà la vita per ciascuno, come per il preferito. E così ogni pietra, ogni “virus” non impedirà mai di cercarLo, ma non tra i morti.

«Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui. È risorto».

Perciò «non temete!». È la tenerezza dell’Amore di Gesù con le donne impaurite e per i discepoli lontani e assenti. Quando l’angelo scende e fa ribaltare la pietra con la violenza di un terremoto, tanto da apparire come una folgore che acceca e stordisce, mette paura. Tramortisce le guardie. Hai un bel dire: “Voi non abbiate paura!”. Ma quando Lui, il Risorto, si fa presente con la sua tenerezza, nessuno si spaventa. Fa di Foto di Robert Allmann da pixabay.com tutto, si traveste da giardiniere, da pellegrino, pur di non farci paura. Perché Lui non è un morto che riappare, è il vivente che ha vinto la morte, che ha vinto il male. Cerchiamo tutti la salute, ma urge di più cercare la salvezza. Aspettiamo con ansia che la vittoria del Risorto si manifesti anche ora. Come non mai sentiamo il bisogno, la domanda di rinascere, di ricominciare, di riaccendere la speranza, di un nuovo inizio, di desideri più veri e più grandi. L’esperienza che stiamo facendo e vedendo ci dice con evidenza che non ci si salva da soli, ma assieme; che deve essere più responsabile la nostra convivenza nella ricerca dell’essenziale.

Angelo Bianco, Monastero di Mileševa, Serbia (1235 circa)

Gesù è Risorto per stare con noi sempre, fino alla fine del mondo, assistendo la compagnia della Sua Chiesa, per confermarci nel dono reciproco della carità, nel condividere i pesi gli uni degli altri. Se gli uomini ritrovano il Risorto e Lo riconoscono, la vita cambia, soprattutto cambia lo sguardo su di sé, sugli altri, sulla realtà. Uno sguardo nuovo “oltre la mascherina”. Se la mascherina rende indistinto il viso, sia più intenso il linguaggio degli occhi.

Se la Pasqua sarà vera, lo diranno i nostri occhi, dentro la vita di ogni giorno. Come fu per i due di Emmaus, quando i loro occhi si aprirono per riconoscerLo, quando nella barca Giovanni disse per tutti:

«è il Signore».

Ricordo il film “Marcellino pane e vino”. Soprattutto ricordo gli occhi di Marcellino, ma pure dei frati. Ecco dove nasce la novità della Pasqua, dove nascono la vita nuova, la morale nuova. Non dal non sbagliare più! Marcellino faceva tutte le corbellerie del mondo. Come Simon Pietro ne faceva di tutti i colori, però diceva: «Signore ti amo, lo sai». Così Marcellino: l’ultimo suo pensiero era guardare a quel che faceva. Guardava Cristo! E questo, col tempo, l’ha reso capace di sentire gli errori e di scegliere il vero. L’accanimento del guardare Cristo vince su l’accanimento del fare quel che si vuole, o del continuare a vivere come prima. Guarda Cristo e la vita cambia. È la Pasqua, quella cristiana: Lui è qui!

Don Eligio

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