III Domenica di Pasqua

150 150 Parrocchia San Fruttuoso

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Si aprono gli occhi, finalmente, per riconoscerLo.

Ostinatamente quando prego chiedo al Signore e alla Madonna di porre fine a questa piaga, che non sta risparmiando nessuno. Sempre, con ostinazione, chiedo al buon Dio di venire incontro al desiderio, legittimo e acuto, di poter celebrare l’Eucaristia con la comunità.

Se a non mangiare si sta male e alla lunga si muore, questo digiuno eucaristico, penso, tolga qualcosa di essenziale, di vitale, di necessario per la vita della comunità cristiana e di ogni fedele.

“Give mi Jesus…Dammi Gesù.  Puoi avere tutto il mondo, ma dammi Gesù!”

L’Eucarestia come il “pane vero per la vita del mondo”, per il cammino di ciascuno.

Sto leggendo il libro testimonianza del Venerabile Cardinal Francois Xavier Nguyen Van Thuan. Nelle condizioni più estreme di sofferenza, durante i tredici anni di prigionia, riusciva a celebrare la Messa ogni giorno da solo, con tre gocce di vino nel palmo della mano e una piccola ostia (una briciola) nell’altra, portando continuamente un’ostia consacrata nella tasca della sua camicia per vivere continuamente  l’adorazione eucaristica e trovare nel contatto con Gesù la forza di amare i nemici, di perdonare e di evangelizzare.

Quando poi era possibile, egli dava ai prigionieri cattolici che erano con lui, una riserva di ostie consacrate in pacchetti di sigarette perché potessero continuare ad adorare e a ricevere la comunione.

Egli affermava: ” La mia sola forza è l’Eucarestia”, e quindi cercava tutti i modi, anche estremi, perché i fedeli sofferenti non fossero privi di quella forza.

Ecco, Gesù: noi abbiamo bisogno di te, della Tua Presenza, soprattutto quella Eucaristica. Come ha detto Papa Francesco: “Ci siamo trovati impauriti e smarriti, presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa, tutti fragili e disorientati… tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.

(Papa Francesco 27 Marzo 2020)

Abbiamo scoperto che i virus non hanno frontiere; i muri non servono, non fermano le malattie, non riparano, anzi fanno aumentare confusioni, incertezze, paure.

La sicurezza che cerchiamo non viene dalle tecnologie, dalle strutture e sovrastrutture che abbiamo messo in piedi per sentirci forti, ricchi, indispensabili, privilegiati.

Queste certezze non reggono agli urti della realtà. Ci vuole ben altro. Ci vuole un Altro. 

Come avvenne per i due discepoli di Emmaus di cui ci parla il Vangelo di questa domenica.

“Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerLo. Ed Egli disse loro: ‘Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino? Si fermarono col volto triste”.

I due uomini sanno ciò che Gesù Nazareno ha detto e fatto; ne conoscono perfettamente vita, opere e discorsi. Anzi, si meravigliano che ci possa essere qualcuno che non possiede questa conoscenza. Tuttavia questi uomini hanno il “volto triste” e sono senza speranza.

Esiste una conoscenza dell’opera e della dottrina di Cristo che lascia l’uomo prigioniero della sua tristezza e privo di speranza. 

Il grande San Tommaso d’Aquino dice che la tristezza è l’attesa di un bene assente; la speranza è la tensione verso un bene futuro ritenuto raggiungibile.

La scomparsa della speranza genera tristezza.

Sapevano tutto, ma questo non bastava a reggere l’urto della situazione. Essi non avevano bisogno del Suo messaggio, della Sua dottrina, del Suo esempio. Avevano bisogno di Lui; della Sua Presenza, non del Suo ricordo.

Se Cristo apparteneva al passato, non li riguardava più. Il ricordo, il riferimento ad un passato, una fede devozionale e sentimentale non regge l’urto con la drammaticità della vita.

La più grande mascalzonata fatta dall’uomo è stata quella di credere e far credere che la dottrina e la morale insegnate da Cristo valevano di più della Sua Persona e quindi Lui non era più necessario…

Ecco quindi: ” Noi speravamo…”  e invece…

Occorre una Presenza Sua qui, adesso, dentro lo stato d’animo che ora ho addosso. Una Presenza così presente che fa vibrare ora il cuore: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo la via?”.

“Fac ut ardeat cor meum, in amando Christum Deum. Fa che il mio cuore arda nell’amare Cristo Dio”.

Non vibra il cuore di amore per uno che non c’è!

Si aprono gli occhi, finalmente, per riconoscerLo.

 Toh, va, era qui e non ci eravamo accorti. Ma allo spezzare del pane, cioè nell’Eucaristia, ecco che tutto si fa chiaro: è  Lui!  Vieni, entra in me e io in Te. Anzi, possa io entrare in Te come Tu entri in me.

Già non attendere’ io tua dimanda,/ s’io m’intuassi, come tu t’inmii.

( Paradiso IX 80-81)

[Io non attenderei certo che tu parlassi, se potessi penetrare in Te come Tu puoi farlo in me].

La Pasqua continui nella vita.

don Eligio

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